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giovedì 30 novembre 2017

Il programma Nasa New Frontiers

Il moto di rivoluzione dei pianeti che orbitano intorno al sole viene spiegato con le leggi di Keplero che tutti abbiamo studiato nell'ora di scienza a scuola. 

L'orbita ha una forma di ellisse, con il Sole in uno dei due fuochi; ogni pianeta nel corso dell'orbita si muove più velocemente quando è vicino al sole, più lentamente quando ne è lontano; i diversi pianeti percorrono la loro orbita con velocità medie diverse: il moto è più lento per quei pianeti che orbitano a distanza maggiore dal Sole.

Giovanni Keplero è un astronomo nato nel 1630 al quale si devono le leggi che regolano il movimento dei pianeti e che resterebbe affascinato oggi dai passi avanti e dall'interesse che si sviluppa costantemente intorno al funzionamento del Sistema Solare.

Uno studio che ha destato anche l'interesse dalla Nasa che ha addirittura deciso di sviluppare un programma per lanciare una serie di missioni spaziali con lo scopo di realizzare importanti scoperte scientifiche derivanti da una specifica esplorazione del sistema solare.

Ed è proprio nell'ambito del programma spaziale Nasa New Frontiers che parte il viaggio della sonda spaziale Juno che, nello specifico, sta studiando il campo magnetico di Giove.

La sonda è partita il 5 agosto 2011 da Cape Canaveral e il suo viaggio nello spazio durerà fino al mese di febbraio 2018. 

Un viaggio relativamente breve se si pensa che siamo nello spazio, e questo è dovuto al fatto che le troppo intense radiazioni del campo gravitazionale non potrebbero essere sopportate per un periodo più lungo dalle pareti in titanio della sonda.

Juno ha raggiunto Giove il 4 luglio 2016 con l'intento di individuare l'evoluzione e le proprietà strutturali interne del pianeta gassoso, di studiarne l'origine del campo magnetico, i venti nella bassa atmosfera e di verificare la quantità di acqua, ossigeno e azoto presenti.

Oltre agli studi già citati, la sonda è stata in grado di realizzare numerose fotografie del pianeta con colori potenziati e in proiezione stereografica e, con in suoi strumenti, la sonda è stata in grado di penetrare lo strato più esterno del pianeta gassoso. 

L'orbita di Juno avvicina la sua sonda al pianeta ogni 53 giorni in un viaggio che, nello spazio di due ore, la sposta dal polo nord del pianeta al punto di minima distanza dal suo obiettivo, fin sopra al polo sud. 

Le immagini che sono arrivate dalla sonda hanno finora dimostrato che vi è un'alta possibilità che le nubi sopra le quali passa siano composte da ghiaccio e ammoniaca.

Gli strumenti di Juno hanno inoltre potuto produrre diversi scatti che rappresentano l'emisfero settentrionale attraverso i quali è evidente la presenza di numerosi cicloni i quali riescono a raggiungere dimensioni che sono addirittura di dieci volte più grandi rispetto ai cicloni terrestri, evidenziando un’ampiezza impressionante. 

Questa scoperta ha del sensazionale se si pensa che fino al viaggio della sonda Juno, queste perturbazioni non erano mai state osservate e ad oggi si pensa che la loro dimensione potrebbe addirittura contenere il nostro pianeta.

Juno ha evidenziato altre dissonanze rispetto agli studi finora condotti sul pianeta gassoso, come il fatto che gli involucri che caratterizzano Giove non siano probabilmente uniformi e che anche il nucleo, da sempre considerato solido, potrebbe essere piccolo e fluido e trovarsi al di sotto di uno strato di idrogeno metallico.

La missione ha come obiettivo anche lo studio del campo magnetico che si è rivelato essere più forte e irregolare rispetto a quanto ipotizzato fino ad oggi. 

Infatti, la dinamo che produce il campo magnetico potrebbe trovarsi all'interno dello strato di idrogeno e a quote diverse rispetto a quelle conosciute. 

La sonda ha anche rilevato spettacolari aurore grazie ad uno strumento progettato e studiato in Italia, il JIRAM (Near-Infrared Mapping Spectrometer) che studia la dinamica e la chimica delle aurore gioviane. 

Questo strumento è stato costruito per studiare le aurore di Giove nell'infrarosso e mappare l'atmosfera del pianeta nella regione spettrale. 

Le osservazioni verranno utilizzate nello studio delle nubi e nella misurazione dell'abbondanza di particolari specie chimiche che hanno una certa rilevanza nella chimica, nella microfisica e della dinamica dell’atmosfera.

Il 19 maggio, la sonda ha raggiunto per la prima volta il perigiove, il punto di massimo avvicinamento al pianeta e, a soli 3500 chilometri, lo strumento Juno Cam, una camera che acquisisce le immagini ad alta definizione delle regioni polari di Giove, è riuscito a catturare la spettacolare e inquietante immagine di una tempesta che si realizzava in senso anti orario nell'emisfero sud del pianeta. 

L'11 luglio 2017 Juno ha volato sopra la Grande Macchia Rossa, questa tempesta che da secoli colpisce il più grande pianeta del Sistema Solare. 

Juno è fortunatamente in grado, attraverso gli strumenti performanti di cui è dotata, di penetrare le nubi fino a scoprire quanto siano profonde le radici della tempesta e capire come si sviluppa e come viene alimentata. 

È una tempesta che imperversa sul pianeta da secoli, è probabilmente la tempesta più longeva e presenta caratteristiche mai riscontrate in nessun fenomeno prima. Dall'impressionante diametro di 8000 Km, si è formata nella metà degli anni novanta.

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