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domenica 19 febbraio 2017

Stop allo stadio della Roma: con colpo di scena la tettoia dell'Ippodromo di Tor di Valle diventa patrimonio culturale della Capitale

Da oltre trenta anni mi occupo con orgoglio di comunicare una cultura sostenibile. 

Oggi però, intorno al caso della costruzione dello stadio della Roma e relativo quartiere connesso (più o meno spropositato), una questione che va avanti da ormai cinque anni, io vengo sopraffatto da un totale disgusto verso tutta una certa e imperante retorica degna del peggior integralismo ambientalista, che a mio parere, è solo la parvenza dietro cui si nascondono ben altri interessi molto meno idealistici. 

La Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Roma pone il vincolo sulla tettoia dell'ippodromo di Tor di Valle.

tribune di Tor di Valle
Per onestà, premetto che sono un tifoso appassionato della AS Roma ma non è questa la ragione per cui me la prendo: personalmente lo stadio è un luogo che frequento per altri sport, non per il calcio, visto di cosa sono capaci i tifosi di calcio (ma questo è un altro argomento).

Quanto riporto di seguito, quindi, non vuole essere una critica alle posizioni di chi, come per esempio Legambiente, si è distinta da subito nella chiarezza delle proprie posizioni avverse alla portata dell'intero progetto costruttivo.

Io sono arrabbiato per come si evolve tutta questa storia in modo vergognoso da troppi anni, in cui spesso ci si maschera dietro posizioni improntate da falso ecologismo ideologico, oltretutto cavalcati da molti cui dello sviluppo sostenibile non importa un fico secco.

La vicenda riguardante Tor di Valle sta poi diventando aberrante e paradossale. 
L'assurdo pronunciamento della Soprintendenza sulla tettoia dell'ippodromo, che improvvisamente diventa un bene culturale così prezioso da dover essere non solo tutelato dalla demolizione ma anche preservato in tutta la sua area circostante dove sarà impossibile costruire nulla, non è partito d'ufficio dal Ministero, ma è stato specificatamente richiesto, a fine gennaio 2017, dall'associazione Italia Nostra. 

Qui è possibile leggere la lettera in questione.

Forse Italia Nostra desidera onorare la ricorrenza che cade nel 2018 dei dieci anni del conferimento del ruolo di socio onorario a Francesco Gaetano Caltagirone (il noto costruttore edile romano), ha cercato in tutte le maniere di ostacolare il progetto di trasformazione urbana di Tor di Valle. 

Mi sorprende, e molto, che il Ministero abbia dato seguito a questa lettera (sarebbero bastati gli errori e i refusi per rimandarla al mittente...), che l'abbia presa in considerazione, che abbia accettato di muoversi d'urgenza, esattamente come richiesto da quest’associazione (si sono mossi in dieci giorni, quando in Italia per dare un via libera riguardante cose serie e vitali ci si mettono anni...) e che abbia inviato una lettera contenenti conclusioni surreali sotto ogni punto di vista.
Il livello di strumentalizzazione è fuori di misura. 

Italia Nostra ha chiesto con somma urgenza la tutela di un edificio di cui avrebbe strenuamente combattuto la sia stessa realizzazione. 
Italia Nostra nasce contro l'architettura contemporanea, negli anni Cinquanta.  
Architetti come Julio Lafuente sono stati combattuti da questi signori per decenni, umiliati, vilipesi, considerati rozzi cementificatori. 

Oggi Julio Lafuente si trasforma in un genio, in una specie di Francesco Borromini da tutelare in maniera urgente anche per quanto riguarda una sua realizzazione diroccata, che sta crollando su se stessa e che nessuno mai per nessun motivo al mondo manco andrà mai a visitare in un tour storico culturale. 

Tutto questo quando, tanto per restare all'architettura contemporanea, lo Stadio Flaminio, per e.s., non ha alcun vincolo. 
Oppure mentre nessun abbia mai sollevato alcun dubbio sullo sbudellamento attuato alla Stazione Termini (quella, sì, un capolavoro assoluto della storia mondiale dell'architettura) per la realizzazione della Terrazza Termini e così come per l'edificio della Esso alla Magliana: i tre ventagli sono, quella sì!, l'opera-capolavoro di Julio Lafuente a Roma. 

Grazie a restauri e piano casa negli ultimi anni si sono, invece, cambiati connotati e volumetrie al palazzo, ma qui nessuna lettera d'urgenza è stata inviata in Soprintendenza.

Ieri, dopo tre anni di misterioso silenzio e fuori tempo massimo rispetto a una Conferenza dei Servizi che solo per le paturnie del fu Berdini è stata prorogata, la Soprintendenza ha fatto sapere di aver intenzione di porre un vincolo sulla tribuna dell'Ippodromo di Tor di Valle e anche su tutta la pista.

I contrari allo stadio (e tutto il resto intorno) oggi se la ridono alla grande benché loro per primi avrebbero fatto carte false per bloccare la costruzione di un ippodromo ("di cementoohh") in un'area golenale del Tevere

Purtroppo o per fortuna nel 1959, quando venne inaugurato Tor di Valle, i finti ambientalisti prezzolati che oggi affondano il coltello nel burro dell'ignoranza e dell'analfabetismo funzionale diffuso, allora non c'erano e la città si sviluppava senza paure, anche con progetti arditi come la tribuna sospesa di Julio Lafuente per le corse di cavalli previste durante la Grande Olimpiade di Roma 1960. 

Già, proprio le Olimpiadi tanto avversate per il 2024 perché causa di incontrollabili e no regolamentabili "colate di cemento", oggi si scoprono meritevoli della tutela artistica dei loro manufatti. 
Delle due l'una: le Olimpiadi possono essere utili a costruire capolavori o sono disastri urbanistici? 

E se servono a realizzare capolavori - giacché grazie a un "capolavoro" si potrà dire addio al progetto dello Stadio - allora perché demonizzarle?
Oggi quel manufatto, diroccato, pericolante e abbandonato, nell'ambito di una folle esaltazione e tutela malata del rudere, viene considerato intoccabile. 

Benché la Soprintendenza sapesse del progetto da tre anni e mai avesse ipotizzato alcun vincolo (precisamente la Soprintendenza sa della demolizione dal mese di maggio 2014, poi in Conferenza dei Servizi Preliminare - ovvero luglio 2014 - non diede alcuna prescrizione, il che ci lascia alquanto perplessi). 

Oggi il Ministero guidato da Dario Franceschini (marito di una consigliera comunale del Pd a Roma) decide che quell'area non può essere trasformata, che deve essere congelata sotto un vincolo, che tra l'altro è anche un vincolo indiretto dunque la pista dell'ippodromo è talmente rilevante a livello artistico che non solo non può essere toccata, ma non può avere nel suo intorno nessuna edificazione, bisogna preservarne la visibilità. Di una misera pista per cavalli e della sua tettoia...

Sostanzialmente la Soprintendenza di Stato certifica che l'area di Tor di Valle non potrà avere nessuno sviluppo e nessuna trasformazione né oggi né mai. 
La stazione rimarrà diroccata, il fosso di Vallerano continuerà a mettere a rischio la vita di decine di migliaia di cittadini a ogni pioggia, la ferrovia Roma Lido resterà ancora la peggiore d'Italia e i micidiali sottovia della Magliana non potranno essere stappati.

A questo punto dovremmo anche rinunciare al progetto di Campidoglio 2 (comunque dimenticato dall'amministrazione capitolina, che evidentemente preferisce pagare decine di milioni di fitti passivi) poiché tutta l'area sta intorno ad un progetto altrettanto importante di Julio Lafuente: l'ex Air Terminal, da alcuni anni trasformato in supermercato senza che la Soprintendenza abbia avuto nulla da dire.

Ma ora siamo arrivando a mettere un vincolo indiretto su un rudere e su un campo abbandonato pieno di mignotte (con tutto rispetto per il mestiere più antico del mondo, che in Paesi più civili è regolamentato a miglior tutela delle professioniste e dell'igiene e salute pubblica, mentre qui tutto è abbandonato alla malavita e allo sfruttamento). 

Tor di Valle è una sorta di "Far West malagrottiano" pieno di discariche abusive di amianto e sversamenti abusivi che affiorano ovunque. 
Dopo aver taciuto che da tre anni si parla di una necessaria bonifica, qualunque essa sia, ma solo ora tutto è bloccato e vincolato (a cosa, io mi domando, a cosa?!).

Regolamentare in modo chiaro e univoco i modi (le famose cubature ecc) con cui considerare accettabile il progetto degli investitori esteri sarebbe l'unico atteggiamento responsabile e improntato verso un vero sviluppo sostenibile.
Pensate agli investitori internazionali. 
Che già l’Italia fatica ad attirare.

A chi rischia in proprio, a chi investe, a chi porta i denaro che poi permettono un indotto di cui beneficiano, non solo gli speculatori, i palazzinari, ma anche tutti i lavoratori, dalla costruzione al mantenimento delle strutture realizzate.
O pensate che un investitore privato è semplicemente interessato al business della costruzione di palazzi e quartieri inutili, indipendentemente se poi le “Torri” o quanto per loro, troveranno un remunerativo impiego? 
Il business sarebbe solo nella costruzione di ecomostri che resterebbero inutili cattedrali nel deserto? 
Non sono un costruttore può darsi ma mi resta difficile crederlo.

Ma allora cosa pensano queste persone che stanno bloccando tutto? 
Cosa vedono? 
Vedono un grande progetto di sviluppo urbanistico, finalmente come se ne fanno in tutta Europa. 
Un developer che fa nel 2014 una Conferenza dei Servizi Preliminare, con tutti gli attori, e tutti i protagonisti dànno sostanziali via libera o silenzi assensi. 

Dopo tre anni di progettazione (pagata decine di milioni) uno di questi attori si alza e si accorge che vuole mettere un vincolo totale sull'area: non si può toccare neppure un filo d'erba. 
Ma, quando aveva saputo, tre anni prima, che tutto sarebbe stato demolito e trasformato non aveva fatto una piega. 

Ora chi altro verrà ad investire in nella Città Eterna?
Dovendo anche masochisticamente scegliere di portare risorse private in Italia, i grandi investitori sceglieranno Roma o Milano? 

A Roma sembra che i grandi investimenti non debbano arrivare, non debbano affluire, non debbano neppure avvicinarsi: perché altrimenti rischierebbero di oscurare il florido capitalismo locale. 

Intanto la situazione è diventata così invischiata in nauseanti interessi di parti, che accostare la bocciatura del progetto stadio come se fosse un motivo di soddisfazione per la tutela dell'ambiente e dell'urbanistica della Città Eterna per me è una vittoria di Pirro, se non una totale presa in giro.

Andrea Pietrarota
Direttore Responsabile

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