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giovedì 24 ottobre 2013

“Decisioni in contesti di vulnerabilità” Laboratori formativi dell’Ausl di Forlì

A chi spetta prendere le decisioni di cura in un contesto di vulnerabilità? Le responsabilità decisionali sono legate al ruolo, alla funzione? Un percorso formativo in 4 tappe organizzato dall’Ausl di Forlì per un numero ristretto di operatori. Ciascuna tappa sarà articolata in 3 incontri (22 ottobre, 19 novembre, 3 dicembre), che avranno ogni volta come incipit storie cliniche, percorsi o procedure discusse con metodo deliberativo. Un percorso formativo che grazie a laboratori interattivi esplorerà, analizzerà, si confronterà su questioni aperte e controverse – dal punto di vista etico, di qualità e sicurezza dei processi di cura e di difficoltà delle scelte sottese, questioni rilevate proprio nelle/dalle stesse pratiche di cura presentate dai partecipanti. Referente : dottoressa Patrizia Grementieri, Coordinatrice del programma di gestione del rischio, Processi trasversali aziendali (p.grementieri@ausl.fo.it) Decisioni in contesti di vulnerabilità laboratori formativi tra ricerca e cura A chi spetta prendere le decisioni di cura in un contesto di vulnerabilità? Le responsabilità decisionali sono legate al ruolo, alla funzione? In che misura sono auspicabili e possibili decisioni collegiali quando il tempo stringe e c’è di mezzo la salute, propria e di terzi? Chi ha il diritto-dovere di parteciparvi, quando il paziente non è in grado di decidere? Come possono/debbono essere gestite la dialettica, la pluralità e la trasversalità nelle decisioni in un ambito di cura? Come e quando una decisione clinica può ritenersi corretta? Solo quando dà risultati positivi? Cioè dal punto di vista etico il giudizio positivo si basa solo sulla bontà dei risultati, oppure va anche considerata la validità del processo? Quale-i sapere-i la supportano e la rendono possibile? Che percorsi, che strumenti la facilitano e sono garanzia di eticità e buona pratica? Come la qualità dell’informazione e la sicurezza del processo di cura possono essere costitutivi di una buona pratica? Come può l’istituzione garantire e promuovere la buona pratica individuata? “Non ancora competente, non più capace” Sala Arancio Polo Formativo del Padiglione Valsalva – Ospedale dalle 14:00 alle 18:00 Come la vulnerabilità di minori, anziani, soggetti incoscienti, condiziona, trasforma le scelte di cura e richiama ad una nuova responsabilità professionale ed organizzativa. Verso una buona pratica della delega e dell’informazione nei contesti di vulnerabilità/con soggetti vulnerabili, con particolare attenzione alla funzione dell’amministratore di sostegno. Docente Sara Casati ■22 ottobre 2013 analisi fattuale di una storia clinica/percorso/procedura individuazione dei problemi etici in gioco discussione della questione aperta e controversa preminente costruzione dell’albero decisionale deliberazione sui valori e sui corsi di azioni in gioco ■19 novembre 2013 laboratori interattivi (drammatizzazione, sessioni di etica narrativa, lavori per piccoli gruppi) approfondimenti etico-giuridici relativi alla questione etica e di buona pratica controversa individuata e ai corsi di azioni intermedi auspicati ■3 dicembre 2013 Lavori per piccoli gruppi al fine di individuare requisiti e criteri per la modellizzazione Che i professionisti della salute – tutti, non solo i medici – decidano è un fatto e una necessità. Non potrebbero fare altrimenti. Che non siano soli nelle loro decisioni e che debbano rendere ragione ai cittadini, ai pazienti e alle istituzioni, cui appartengono, è novità scaturita dai grandi cambiamenti del Novecento. Una decisione clinica ha sempre a che fare con la salute di un soggetto, di un’altra persona. Non è solo una decisione su qualcosa, ma “con qualcuno“, con la costellazione dei suoi valori, delle sue circostanze, e in un contesto (pronto soccorso, reparto, ambulatorio, territorio, ambiente famigliare). L´etica, e non solo la razionalità, ne è parte integrante, anche se poi, di fatto, l’etica si ritrova a fare i conti con altre esigenze: amministrative, economiche, sociali… Come queste decisioni siano o meno supportate da ragioni e accompagnate dalle proprie convinzioni valoriali, come si fanno permeare dalla necessità di interloquire con differenti attori (pazienti, famigliari, altri professionisti, istituzioni) è tutto da esplorare, per riconoscere ed esplicitare in quale misura etica e razionalità siano motore, quali conoscenze siano supporto delle decisioni cliniche e per trasformarlo in buona pratica. La crisi del modello paternalista, la crescente tecnologizzazione e standardizzazione della pratica clinica e il rapporto sempre più stretto tra ricerca e cura hanno progressivamente modificato la relazione costitutiva tra curare e prendersi cura fino ad interrompere le consolidate modalità di intendere e praticare questo binomio. Tanto i professionisti della salute come i pazienti si sono così ritrovati in un contesto nuovo, a volte spaesante, e esigente nuovi modelli di interrelazione, di conoscenza e di scelta. Da una parte la relazione tradizionale di prossimità e fiducia tra operatori clinici e pazienti è stata sostituita da un tipo di relazione più impersonale, nella struttura ospedaliera, nella ricerca biomedica. Contemporaneamente la pratica clinica si è ritrovata esposta ad una serie di problematiche nuove: conflitti di interpretazioni e volontà tra i vari agenti della cura, cronicizzazioni di stati di malattia, possibilità di scelte raffinatissime dal punto di vista tecnico, che disegnano uno scenario di complessità dove la medicina talvolta fatica a ritrovare il senso della propria prassi. Decidere di iniziare, proseguire o interrompere una cura o un intervento, ma anche scegliere un modo concreto di agire al posto di un altro nella pratica clinica, trasformano uno dei molteplici corsi di azione possibile nell’azione indicata; ciò fissa l’incertezza, che è così tipica dell’ambito clinico (sotteso tra alternative, rischi, variabilità e valori differenti), nella scelta da adottare. La decisione giusta (che si aggiusta): ecco un punto di arrivo impegnativo, ma necessario. In questo percorso formativo che si rivolge non solo ai medici, ma ai “curanti”, le decisioni in gioco non sono solo le decisioni mediche, né sono solo quelle terapeutiche; certamente sono quelle che si prendono quando si cerca di prevenire, diagnosticare, prognosticare, riabilitare, proporre o seguire una terapia, una ricerca, comunicare informazioni, stabilire relazioni, tutte azioni queste che sempre più richiedono la corresponsabilità di molti, ma sono anche le decisioni con cui ci si dispone a un certo atteggiamento verso gli altri, malati, colleghi, parenti… Partendo dalla quotidianità delle decisioni cliniche, ponendo particolare attenzione alla presa in carico di soggetti vulnerabili (minori, anziani, persone incapaci o con la coscienza altalenante…) in contesti di complessità, ci proponiamo di far emergere limiti e potenzialità di quanto da noi prescelto, spingendoci alla ricerca di forme altre di concepire la razionalità e l´etica: forme in grado di aiutarci a decidere ragionevolmente e rispettosamente, che si cimentino con l´invito alla partecipazione dei curati e con il riconoscimento delle differenti competenze e responsabilità in gioco. Allo stesso tempo attraverso una didattica interattiva per adulti, cercheremo di confrontarci apertamente con la dimensione costitutiva di questa pratica speciale che è la clinica: la vulnerabilità esposta del malato, la vulnerabilità altrui che richiama la nostra, che illumina i nostri limiti, come professionisti e come esseri umani vulnerabili, vulnerati dal dolore dell’altro che vorremmo curare e a cui per professione, oltre che per umanità, siamo chiamati a rispondere. L’invito sotteso a questo percorso si rivela nel suo approfondimento, nel suo non sottrarsi, un invito a ritornare alle origini stesse della pratica clinica, all’incontro con la vulnerabilità di un soggetto umano, ma con competenze nuove. Il volto dell’altro malato ed esposto al dolore, fisico, psichico, umano, ci interroga con forza e ci richiama a riflettere sul senso della cura, sotteso alle nostre azioni di cura, una cura che sappia essere così antica nel senso – farsi carico della vulnerabilità umana, come nuova nello stile, capace di coinvolgere l’altro quale interlocutore, soggetto di cura, nel tempo e per tempo. un percorso a tappe Un percorso formativo in 4 tappe, ciascuna tappa articolata in 3 incontri, che avrà ogni volta come incipit storie cliniche, percorsi o procedure discusse con metodo deliberativo. Un percorso formativo che grazie a laboratori interattivi esplorerà, analizzerà, si confronterà su questioni aperte e controverse – dal punto di vista etico, di qualità e sicurezza dei processi di cura e di difficoltà delle scelte sottese, questioni rilevate proprio nelle/dalle stesse pratiche di cura presentate dai partecipanti. Le aree prescelte come aree di formazione comune, su cui consolidare e/o modellizzare insieme buone pratiche, raccolgono in sé trasversalità e problematicità che è poi facile ritrovare nella propria attività quotidiana. Esse non solo aprono, ma costringono a quello scenario di complessità cui la medicina e la ricerca biomedica sono chiamate da tempo sia a dare risposte etiche, sostenibili (dal punto di vista economico e organizzativo) e di buona pratica come ad individuare percorsi decisionali inclusivi e nel rispetto di tutti i soggetti in gioco. Queste le nostre 4 tappe: a. “Non ancora competente, non più capace”. Come la vulnerabilità di minori, anziani, soggetti incoscienti, condiziona, trasforma le scelte di cura e richiama ad una nuova responsabilità professionale ed organizzativa. Verso una buona pratica della delega e dell’informazione nei contesti di vulnerabilità/con soggetti vulnerabili, con particolare attenzione alla funzione dell’amministratore di sostegno. b. “Dentro la complessità dei percorsi e delle decisioni di cura con i malati rari, i pazienti cronici gravi, i pazienti oncologici”: l‘intreccio tra incertezza, valori diversi, più interpretazioni, più soggetti in gioco e tempi che si sovrappongono. Verso una buona pratica di équipe e di informazione nei contesti di complessità/ con soggetti complessi. c. “C’è poco tempo, chi decide cosa fare? Come passare dallo standard alla buona pratica: scelte di cura in situazioni di emergenza, con particolare attenzione alle decisioni nei contesti estremi . d. Il paziente, il cittadino e la comunità scientifica quali interlocutori ineludibili nella ricerca clinica: per una buona pratica informativa e di qualità della ricerca. … linguaggio, metodo I contesti di complessità cui si rivolge il percorso, ovvero scenari di cura e di ricerca caratterizzati da più saperi, più valori, più punti di vista e un’incertezza irriducibile della conoscenza, dovuta ai tempi, ai processi e alle esposizioni insite nelle pratiche di cura considerate, esigono e richiamano un metodo che ü si confronti con il valore della differenza nei processi di costruzione della conoscenza e delle scelte di cura, ü riconosca ed includa come interlocutori necessari tutti i soggetti in gioco, ü valorizzi il sapere dell’esperienza, ü consolidi i processi di rivedibilità della conoscenza, ü offra strumenti di argomentazione . Questo metodo è il metodo deliberativo ed è strumento/vettore di realizzazione di un approccio partecipativo, dove lo sviluppo e la qualità della conoscenza in gioco – conoscenza che si declina in molti modi (scientifica, assiologica, pratica) e che trasforma la cura in una pratica sicura e corretta, è possibile grazie all’inclusione di tutti i soggetti in gioco, al considerarli parte attiva nei processi di cura. La partecipazione consapevole ai processi di cura è possibile attraverso la comprensione degli stessi ed il saper dare ragioni, giustificare, e quindi offrire elementi per monitorare le scelte. Un approccio partecipativo così inteso è basilare alla configurazione di buone pratiche, scopo formativo ed esito atteso della proposta stessa. Così come un lavoro analitico e trasversale sul linguaggio che molto spesso crea cortocircuiti, per la mancata condivisione dei significati e dei modelli epistemologici, organizzativi e relazionali impliciti di cui è espressione, sarà determinate, e innovativo per la dimensione inclusiva che può rappresentare, sia in équipe che con i cittadini. destinatari I referenti della gestione del rischio, le direzioni aziendali e i responsabili delle aree coinvolte (qualità, gestione del rischio, ricerca, medicina legale) le associazioni dei pazienti e i comitati consultivi misti. Il numero massimo dei partecipanti previsti per ogni tappa è di 25 persone. Numero di partecipanti totali previsti: 100 persone. Si prevede di riservare un numero limitato di posti (5) a professionisti, referenti della gestione del rischio, che per i compiti, le responsabilità e le propensioni manifestate, partecipino a tutto il percorso nella sua interezza al fine di acquisire competenza in una prospettiva di formazione di formatori. architettura di ogni tappa ( 3 incontri) 1° incontro : fase deliberativa ( 4 ore) - analisi fattuale di una storia/percorso/procedura clinica - individuazione dei problemi etici in gioco - discussione della questione aperta e controversa preminente - costruzione dell’albero decisionale - deliberazione sui valori e sui corsi di azioni in gioco - verifica di coerenza dal punto di vista della sostenibilità, della fattibilità e della normativa 2° incontro: fase interattiva di approfondimento (4 ore) Approfondimento delle questioni etiche e di buona pratica controverse e dei corsi di azioni intermedi discussi ed articolati durante la fase deliberativa attraverso: - laboratori interattivi (drammatizzazione, sessioni di etica narrativa, lavori per piccoli gruppi) - approfondimenti etico-giuridici *** compiti di rielaborazione individuale tra il 2° e il 3° incontro 3° incontro: fase di modellizzazione di buona pratica (4 ore) Lavori per piccoli gruppi al fine di articolare requisiti e criteri per la modellizzazione della buona pratica risultata corretta alla luce della fase deliberativa ed interattiva. Curriculum vitae Sara Casati, docente Sara Casati, PhD in “Etica e deontologia medica”, MD in Bioetica Clinica, bioeticista, filosofa pratica e formatore professionale, esperta di modelli partecipativi e percorsi di empowerment in sanità e di didattica interattiva per adulti, dal 1998 al 2005 ha fatto ricerca e lavorato presso la Universidad Complutense di Madrid e l’Imperial College di Londra, insegna in Master e corsi di perfezionamento universitario presso numerose università e caratterizzato la sua attività attraverso un costante lavoro di ricerca e di formazione sul campo, in vari ospedali, laboratori di ricerca, Società Scientifiche, Associazioni di pazienti. Ha privilegiato nel tempo l’interazione con le Associazioni dei Malati Rari per il loro essere ineludibilmente in prima linea rispetto alle questioni chiavi di bioetica e buona pratica clinica e stabilito con UNIAMO FIRM una relazione continua di attività e consulenza in particolare per il consolidamento di un ruolo proattivo del paziente e di chi lo rappresenta, sia nella relazione di cura che nei consessi di policy della ricerca e della salute, e per sviluppare percorsi di shared-knowledge e shared-decision-making con tutti gli attori in gioco nella rete di cura. In particolare nell’ultimo anno di collaborazione con UNIAMO ha finalizzato il progetto Mercurio coordinando l’innovazione del sito www.malatirari.it in ottica partecipativa e trasformandolo in uno spazio 2.0 di in-formazione e conoscenza condivisa tra pazienti, caregiver e professionisti della salute, con il supporto delle Società Scientifiche coinvolte. Contemporaneamente sulla base dei bisogni formativi emersi nell’interazione con le associazioni federate, con UNIAMO ha strutturato il progetto formativo DETERMINAZIONE RARA come una rete di percorsi di empowerment nella ricerca e di laboratori tra pari con i professionisti della ricerca e della sua governance. Tiziana Rambelli

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